Antonio Izzi: i progetti costruttivi, l’acqua, l’ambiente
di
Luigi Murolo
Intervengo
brevemente sull’articolo della prof.ssa Gabriella Izzi (pubblicato sul blog
«Noi vastesi») relativo all’ing. Antonio Izzi, suo padre, per svolgere qualche breve
considerazione. Muovo dall’assunto fondamentale del professionista che vale
come manifesto su cui meditare:
«E
l’acqua… questo elemento essenziale di vita che partecipa in maniera mirabile
alla vita del nostro universo col suo ininterrotto ciclo fra la terra e il
cielo o il cielo e la terra, l’acqua fonte di ricchezza e di energia, diventa
talvolta apportatrice di disastri ed elemento di morte. E la nostra provincia,
si trova in completo disordine idraulico».
L’osservazione
di Izzi è contenuta nel testo di una conferenza da lui tenuta il 6 marzo
1926: sei mesi prima dell’inaugurazione del monumentale acquedotto del
Sinello voluto dal vastese Gelsomino Zaccagnini avvenuta nel settembre 1926.
Una coincidenza non casuale. Perché essendo partecipe del team ingegneristico
che progetta e realizza l’opera, parla con cognizione di causa. Ognuno può
leggere ciò che il progettista scrive in A. Izzi, Pagine di guerra e di
prigionia, Vasto, Cannarsa, 2010, pp. 97-110. Io mi limito a una sola
considerazione: è talmente funzionante l’acquedotto del Sinello che, ancora
oggi, a valle della Sega delle acque – la gola da cui precipita l’acqua
proveniente dalle sorgenti di Castiglione Messer Marino –, il laghetto
formatosi viene utilizzato come riserva per l’allevamento di specie ittiche
fluviali autoctone (in realtà, l’acqua del Sinello potrebbe essere
tranquillamente utilizzata per uso umano. Ma questa è un’altra storia su cui
conviene stendere un velo pietoso). Come si può notare, non c’è nulla da
aggiungere. La risposta è in re ipsa. Con un’aggiunta. Antonio Izzi sa
bene che le parole da lui pronunciate non sono astrazioni o fantasticherie di
un sognatore, ma pratica di un lavoro progettuale in cui, pensando al futuro, riesce
a far convivere ambiente e tecnica: coesistenza dell’attuale riserva ittica con
i precedenti caratteri costruttivi dell’opera. Uno straordinario paesaggio
artificiale storicamente definito che si inscrive nella natura di cui è parte.
Tal che viene proprio da chiedersi: un secolo di durata di una struttura di
quelle proporzioni significa pure qualcosa? Ma c’è di più. Lo stesso Izzi nel
1925 redige due progetti: l’uno relativo a Vasto, ampliamento della rete idrica interna dell’acquedotto (quello
effettivamente realizzato di cui pubblico il disegno [fig. 1]); l’altro,
sempre nello stesso anno, come progetto suppletivo di variante alla conduttura
dell’acqua potabile di Celenza sul Trigno. Il che vuol dire: quelle di Izzi non
sono parole nel vuoto. Ma enunciati fondati su lavori conclusi.
(Fig.
1: Antonio Izzi, Progetto per l’ampliamento della rete idrica interna
dell’acquedotto. Vasto, 1925)
Un’ultima
notazione. Nel suo discorso, l’Ingegnere parla di dissesto idrogeologico. E
anche in questo caso vale la pena soffermarsi su un fatto. È bene dirlo: en
passant. Ritornato, infatti dalla guerra, Antonio Izzi si occupa della
regimentazione delle acque nell’area a sud della città investita dalla frana
del 1919 (qui riporto una foto già pubblicata [fig. 2]). La stessa su
cui nel 1927 sarebbe stata realizzata la Loggia Amblingh. Un’opera che,
reggendo, ha consentito di salvaguardare il costone sud-orientale della città.
Non so fino a quando. Ma un secolo di durata è comunque un secolo! E mi si
permetta di rivolgere un’innocentissima domanda ai progettisti contemporanei: di
grazia, signori! quali sono le durate odierne?
(Fig.
2: Vasto, drenaggio delle acque dopo la frana del 1919)
Nel
discorso del marzo 1926 Izzi parla di uno «“spirito geografico” rinascimentale […]
che oggi è un privilegio dei popoli anglosassoni». Uno “spirito” cui ha cercato
di attenersi. Ma, diamine! Non riesco proprio a immaginarmi che cosa avrebbe potuto
dire oggi di quell’esprit, se la stessa geografia è stata
scolasticamente ridotta al ruolo di disciplina ancillare!
GIGI, l'ultima foto che pubblichi (e hai pubblicato altre volte) mi crea un dubbio: mi dà la sensazione di un ambiente di montagna, non di Vasto. Credo che tu abbia già verificato. Dimmi.
RispondiEliminaCaro Nicola, ho verificato. Hai presente lo spuntone in basso alla Loggia? La foto localizza quel sito in seguito ricompreso nella muratura. Le acque confluiscono nell'acquedotto realizzato da Nicolamaria Pietrocola nel 1849.
EliminaCredo che occorrono maggiori competenze tecniche specie idrauliche territoriali e dopo di auspicano proposte
RispondiEliminaMi chiamo Luigi Murolo e se scrivo qualcosa premetto sempre prenome e nome. Se sono sconosciuto, posso permettermi il lusso di maltrattare la lingua degli italiani disattendendo l'uso dei congiuntivi. Chi scrive, qualche competenza grammaticale deve pure averla! Non essendo ingegnere non ho competenze di idraulica. Mi limito a raccontare storie. Per consulenze tecniche può rivolgersi direttamente al progettista. L'indirizzo è ing. Antonio Izzi, Paradiso.
EliminaAveva susicutato il mio interesse l'articolo sul blog Noi Vastesi, e mi fa piacere che il discorso trovi ulteriore spazio anche qui.
RispondiEliminaVenendo al contenuto dell'articolo: non è neppure escluso che le competenze dell'Ingegnere sulla natura idrogeologica del territorio così approfonditamente maturate anche a seguito della realizzazione degli interventi in parola, possano essere utilizzate oggi dai tecnici competenti (o forse, è il caso di dire, un po' sibillinamente, preposti) per redigere un piano per irregimentare le acque che corrono sotto la città, alla luce delle esigenze mutate ed attuali sia in ottica di conservazione del territorio e delle strutture esistenti rispetto alle criticità idrogeologiche, sia in ottica di pianificazione di una rete idrica degna di questo nome, che nella città del Vasto manca da troppo tempo (o, forse, non c'è mai stata).