Dipartimento di Studi e Ricerche sulla Storia di Vasto

venerdì 10 aprile 2020

Un canto della Passione



 Quem quaeritis bassorilievo


In fondo alla pagina il video con commento e canto di Luigi Murolo

Un canto della passione

di Luigi Murolo

L’anno è il 1883. Antonio De Nino, nel quarto volume dei suoi Usi e Costumi abruzzesi (Firenze, Barbera, pp.110-112), pubblica una lamentazione sulla morte del Cristo che titola Maria alla strada di Caifasse. In calce al testo annota di averlo raccolto nell’area di «Vasto e dintorni». Trent’anni più tardi, nel 1911, il professore di Filologia slava all’Università di Vienna, Milan Rešetar, nel suo fondamentale volume sulle comunità alloglotte serbocroate del Molise (Die Serbokroatischen Kolonien süditaliens. Sull’argomento si tornerà in altra sede sempre di questo post), restituisce un canto che, in alcune parti, si presenta come calco della lezione deniniana. L’autore afferma che è «solo la traduzione in prosa di una canzone italiana che viene cantata in chiesa il giovedì santo». Dichiara, altresì, di dare alle stampe un testo già pubblicato da Jan Hanusz nel 1887 in «Archiv für slawische Philologie», vol. X, pp. 363 e sgg.). Come si può notare, una data posteriore di appena quattro anni ai versi editati da De Nino. Ignorando tra loro i reciproci lavori, i due autori, pubblicando un testo comune, si trovano a confermare un dato: che la provenienza di questo canto, almeno nella lezione riportata, è proprio relativa all’area di «Vasto e dintorni».
In ogni caso, a questo punto diventa importante fare una precisazione. La lectio di cui si sta parlando è viva anche in altre parti dell’Italia meridionale. È sufficiente volgere l’attenzione su You tube, alla voce Canti di passione-famiglia Zimba, per cogliere la sintonia tra la variante salentina e quella vastese-serbocroata.
Traduzione di una «canzone italiana», stando alle citate parole di Rešetar? Niente affatto. Si tratta della presenza di un canone che, ripetuto e variato ad libitum dal volgare duecentesco del Laudario di Cortona all’abruzzese Lamentatio beate Marie de filio (tanto per fare qualche esempio) – sempre di XIII secolo – pubblicata da Francesco Ugolini in Testi volgari abruzzesi del Duecento (Torino, 1959) ritorna nei vari dialetti italiani. Nei fatti, si tratta di un passaggio diretto dal volgare al dialetto senza alcuna intermediazione dell’italiano che, come tutti sanno, viene codificato, nel 1525, da Pietro Bembo con la pubblicazione delle Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua.
Un’ultima considerazione. Da bambino, ho appreso molte filastrocche, novelle e canti in dialetto in un salotto molto particolare: quello di zia Iuccia Cascioli, sorella di mia nonna Lucia, che, in un basso della via del vecchio Ospedale, ospitava tutte le vecchie signore amiche che, dalla chiesa di S. Antonio o della Madonna delle Grazie, movevano verso Porta Nuova. Tra i vari cunti ascoltati – su uno dei quali in passato, ho già scritto qualche parola – mi era rimasta particolarmente cara la quartina in endecasillabi di una lamentazione che testualmente recitava (uso una trascrizione fonetica semplificata): «Marȅ, cànda sindëjǝ chǝ la néuvǝ / la vócca se’ ‘n già scȅ cchi’ ‘na paréulǝ / Marȅ, cànda sindȅ’ chǝ la nuvuèllǝ / Štattévǝ drëttǝ e cȁschǝ mórtǝ ‘n dèrrǝ». Era ciò che ricordavo insieme con un distico. Nulla di più.
Quando molti anni più tardi ho cominciato a interessarmi dei dialetti ho incontrato i testi di Antonio De Nino. Per me, una straordinaria scoperta. Conoscevo la melodia in minore di un frammento di Maria alla strada di Caifasse. Era a portata a mano. Non ho fatto altro che applicarla al racconto deniniano. Tutto qui. Ciò che eseguo altro non è che il risultato di quel ritrovamento nel contesto più generale di un’archeologia della parola.

Mi resta solo un obbligo morale e affettuoso: il pensiero di un dolce e caro ricordo di nonna Lucia e di zia Iuccia, educatrici insuperate della mia sbrigliata fantasia infantile.

Antonio De Nino pubblica il testo di Maria alla strada di Caifasse in Usi e costumi abruzzesi, vol. IV, Sacre leggende, Firenze, Barbera, 1883, pp. 110-112.

Confronto tra i due testi serbocroato («Na -Našo») e italiano
 Testo il lingua serbocroata Na-naso

(Testo in serbocroato antico - «Na -Našo»)


 Testo corrispondente in italiano

(Testo in italiano)

Il frammento in serbocroato antico («Na -Našo») parlato nelle comunità alloglotte molisane (Montemitro, Acquaviva Collercroce, S.Felice del Molise) coincidente con il testo in dialetto vastese di Maria alla strada di Caifasse è stato pubblicato in Milan Rešetar, Die Serbokroatischen Kolonien süditaliens, Wien, Alfred Hölder, 1911 (trad. italiana, Le colonie serbocroate nell’Italia Meridionale, a c. di W. Breu-M.Gardenghi, Campobasso, Amministrazione Provinciale, 1997), p. 203.


Nel video sotto riprodotto è inserito il testo e la lettura del brano in  
(«Na -Našo»).
Il lettore in lingua Na -Našo è Antonio Sammartino, console onorario di Republika Hrvatska in Italia e Presidente della Fondazione «Agostina Piccoli», Montemitro/Mundmitar.

La canzone della Passione



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