In fondo alla pagina il video con commento e canto di Luigi Murolo
Un canto della passione
di
Luigi Murolo
L’anno
è il 1883. Antonio De Nino, nel quarto volume dei suoi Usi e Costumi
abruzzesi (Firenze, Barbera, pp.110-112), pubblica una lamentazione sulla
morte del Cristo che titola Maria alla strada di Caifasse. In calce al
testo annota di averlo raccolto nell’area di «Vasto e dintorni». Trent’anni più
tardi, nel 1911, il professore di Filologia slava all’Università di Vienna,
Milan Rešetar, nel suo fondamentale volume sulle comunità alloglotte
serbocroate del Molise (Die Serbokroatischen Kolonien süditaliens.
Sull’argomento si tornerà in altra sede sempre di questo post), restituisce un
canto che, in alcune parti, si presenta come calco della lezione deniniana.
L’autore afferma che è «solo la traduzione in prosa di una canzone italiana che
viene cantata in chiesa il giovedì santo». Dichiara, altresì, di dare alle
stampe un testo già pubblicato da Jan Hanusz nel 1887 in «Archiv für slawische
Philologie», vol. X, pp. 363 e sgg.). Come si può notare, una data posteriore
di appena quattro anni ai versi editati da De Nino. Ignorando tra loro i
reciproci lavori, i due autori, pubblicando un testo comune, si trovano a
confermare un dato: che la provenienza di questo canto, almeno nella lezione
riportata, è proprio relativa all’area di «Vasto e dintorni».
In
ogni caso, a questo punto diventa importante fare una precisazione. La lectio
di cui si sta parlando è viva anche in altre parti dell’Italia meridionale. È
sufficiente volgere l’attenzione su You tube, alla voce Canti di
passione-famiglia Zimba, per cogliere la sintonia tra la variante salentina
e quella vastese-serbocroata.
Traduzione
di una «canzone italiana», stando alle citate parole di Rešetar? Niente
affatto. Si tratta della presenza di un canone che, ripetuto e variato ad
libitum dal volgare duecentesco del Laudario di Cortona all’abruzzese
Lamentatio beate Marie de filio (tanto per fare qualche esempio) –
sempre di XIII secolo – pubblicata da Francesco Ugolini in Testi volgari
abruzzesi del Duecento (Torino, 1959) ritorna nei vari dialetti italiani. Nei
fatti, si tratta di un passaggio diretto dal volgare al dialetto senza alcuna
intermediazione dell’italiano che, come tutti sanno, viene codificato, nel
1525, da Pietro Bembo con la pubblicazione delle Prose nelle quali si
ragiona della volgar lingua.
Un’ultima
considerazione. Da bambino, ho appreso molte filastrocche, novelle e canti in
dialetto in un salotto molto particolare: quello di zia Iuccia Cascioli,
sorella di mia nonna Lucia, che, in un basso della via del vecchio Ospedale,
ospitava tutte le vecchie signore amiche che, dalla chiesa di S. Antonio o
della Madonna delle Grazie, movevano verso Porta Nuova. Tra i vari cunti
ascoltati – su uno dei quali in passato, ho già scritto qualche parola – mi era
rimasta particolarmente cara la quartina in endecasillabi di una lamentazione
che testualmente recitava (uso una trascrizione fonetica semplificata): «Marȅ,
cànda sindëjǝ chǝ la néuvǝ / la vócca se’ ‘n già scȅ cchi’ ‘na paréulǝ / Marȅ,
cànda sindȅ’ chǝ la nuvuèllǝ / Štattévǝ drëttǝ e cȁschǝ mórtǝ ‘n dèrrǝ».
Era ciò che ricordavo insieme con un distico. Nulla di più.
Quando
molti anni più tardi ho cominciato a interessarmi dei dialetti ho incontrato i
testi di Antonio De Nino. Per me, una straordinaria scoperta. Conoscevo la
melodia in minore di un frammento di Maria alla strada di Caifasse. Era
a portata a mano. Non ho fatto altro che applicarla al racconto deniniano.
Tutto qui. Ciò che eseguo altro non è che il risultato di quel ritrovamento nel
contesto più generale di un’archeologia della parola.
Mi
resta solo un obbligo morale e affettuoso: il pensiero di un dolce e caro
ricordo di nonna Lucia e di zia Iuccia, educatrici insuperate della mia
sbrigliata fantasia infantile.
Antonio
De Nino pubblica il testo di Maria alla strada di Caifasse in Usi e
costumi abruzzesi, vol. IV, Sacre leggende, Firenze, Barbera, 1883,
pp. 110-112.
Confronto tra i due testi serbocroato («Na -Našo») e italiano
(Testo in serbocroato antico - «Na -Našo»)
(Testo in italiano)
Il
frammento in serbocroato antico («Na -Našo») parlato nelle comunità alloglotte
molisane (Montemitro, Acquaviva Collercroce, S.Felice del Molise) coincidente
con il testo in dialetto vastese di Maria alla strada di Caifasse è
stato pubblicato in Milan Rešetar, Die Serbokroatischen Kolonien süditaliens,
Wien, Alfred Hölder, 1911 (trad. italiana, Le colonie serbocroate
nell’Italia Meridionale, a c. di W. Breu-M.Gardenghi, Campobasso,
Amministrazione Provinciale, 1997), p. 203.
Nel video sotto riprodotto è inserito il testo e la lettura del brano in
(«Na -Našo»).
(«Na -Našo»).
Il lettore in lingua Na -Našo è Antonio Sammartino, console onorario di Republika
Hrvatska in Italia e Presidente della Fondazione «Agostina Piccoli»,
Montemitro/Mundmitar.
La canzone della Passione
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